Il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato sul suo sito web istituzionale delle linee guida (in formato FAQ) sull’utilizzo di sistemi e dispositivi di videosorveglianza e relative regole privacy.
L’autorità, che già in passato si era espressa in materia (da segnalare, tra gli altri, il Provvedimento n° 99, del 29 aprile 2010), è tornata sul tema per fornire alcuni chiarimenti e indicazioni in linea con l’attuale contesto normativo e che tengano in considerazione le Linee guida 03/2019 del Comitato Europeo per la protezione dei dati personali (EDPB) sui trattamenti effettuati tramite dispositivi video.
Il Garante ha quindi voluto fornire un utile vademecum che fornisca, a cittadini ed imprese, delle risposte chiare e coincise ad alcune quesiti ricorrenti: quali sono le regole da rispettare per installare sistemi di videosorveglianza? Posso installare liberamente una telecamera in casa o nelle sue pertinenze? Il datore di lavoro può installare delle telecamere sul luogo di lavoro? Per quanto tempo possono essere conservate le riprese?
La regolamentazione in materia di videosorveglianza è assai complessa e risulta essere disciplinata da un ampio ventaglio di norme che vanno dal diritto civile, al diritto penale, al diritto del lavoro, alla normativa a tutela della privacy individuale.
Andiamo a vedere quindi quali sono gli elementi richiamati dal Garante e le novità che queste FAQ hanno portato.
Privacy e videosorveglianza: obblighi del titolare del trattamento
Il nuovo vademecum del Garante Privacy è utile soprattutto per ribadire quelli che sono gli obblighi del titolare del trattamento in ottemperanza al principio di accountability attorno al quale è costruito il Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (GDPR). Analizziamoli nel dettaglio.
Obbligo di informativa
Il Garante nelle su FAQ ripercorre quelle che sono le situazioni più ricorrenti e richiama li obblighi imposti dal GDPR per i c.d. titolari del trattamento, ossia quei soggetti, privati o pubblici, che hanno il compito di predisporre mezzi e finalità del trattamento dei dati personali. In questo caso, quindi, i soggetti che, per finalità diverse da un uso prettamente personale o domestico, decidono di installare e fare uso di videocamere di sorveglianza.
Come ben noto uno degli obblighi principali per il titolare del trattamento è quello di informare adeguatamente gli interessati del fatto che stanno per accedere ad un’area in cui è in funzione un sistema di videosorveglianza.
Il Garante, nelle FAQ pubblicate, fa proprio l’orientamento espresso dall’EDPB nelle Linee Guida 03/2019 che suggeriscono l’adozione di un approccio informativo progressivo, articolato in un primo e in un secondo livello di informazione.
Le informazioni di primo livello sono quelle che il titolare del trattamento deve comunicare in occasione del primo contatto con i soggetti interessati, attraverso un cartello da affiggere, in posizione ben visibile, prima dell’accesso ai locali videosorvegliati. Il Garante rende disponibile sul proprio sito un modello di cartello videosorveglianza in formato editabile. Tale cartello dovrà fornire ai soggetti interessati un quadro di insieme del trattamento, attraverso l’indicazione di informazioni quali il titolare del trattamento, le finalità perseguite e il periodo di conservazione.
Non è necessario che il cartello indichi con esattezza il punto in cui sono collocati i dispositivi di sorveglianza, purché non vi sia incertezza su quali siano i locali soggetti alla rilevazione delle immagini.
Posto che il titolare dovrà in ogni caso fornire tutte le informazioni minime previste all’art. 13 GDPR, il cartello dovrà comunque rimandare ad una informativa più estesa (c.d. di secondo livello) che potrà essere resa anche attraverso l’indicazione di un link a sito web o un QR code.
Obbligo di valutazione di impatto sulla protezione dei dati personali (DPIA)
Nelle FAQ il Garante evidenzia che l’installazione di impianti di videosorveglianza può comportare la necessità per i titolari di effettuare una valutazione di impatto preventiva (DPIA), ai sensi dell’articolo 35, GDPR.
L’effettuazione di una DPIA è da considerarsi sempre richiesta nei casi in cui i dispositivi di videosorveglianza riprendano una zona accessibile al pubblico e, quindi, nei casi in cui il trattamento si concretizzi in una attività di sorveglianza sistematica su larga scala.
La DPIA è poi da considerarsi mandatoria nei casi in cui il titolare voglia dotarsi di sistemi di videosorveglianza che utilizzano tecnologie innovative, come sistemi intelligenti in grado di effettuare autonome valutazioni o elaborazioni delle immagini (come, ad esempio, segnalare autonomamente comportamenti considerati anomali).
Negli altri casi la decisione se condurre o meno una DPIA dovrà essere presa dal titolare sulla base delle linee guida e delle indicazioni fornite dagli altri provvedimenti derivanti dalle istituzioni comunitarie (in primis EDPB) e nazionali.
Tempi di conservazione dei dati
Uno dei temi più discussi, e talvolta problematici, è quello relativo alla durata della conservazione delle immagini. Sappiamo infatti che la normativa impone che sia necessariamente fissato un termine, alla scadenza del quale le videoriprese dovranno essere cancellate. Ma quale è questo termine?
In passato il Garante aveva fornito alcune indicazioni ben precise e determinate. Con questo provvedimento invece il Garante si rifà essenzialmente al principio di accountability rimettendo al titolare l’individuazione di tale termine.
Le immagini registrate dovranno essere conservate solo per il periodo di tempo necessario al soddisfacimento delle finalità per cui sono state acquisite. Il principio di minimizzazione, previsto dall’art. 5 del GDPR, per cui i dati oggetto di trattamento devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità perseguite, trova quindi applicazione anche nel contesto della videosorveglianza.
Il tempo di conservazione “adeguato” dovrà quindi essere determinato dal titolare del trattamento a seguito di una attenta valutazione delle finalità perseguite, del contesto in cui avviene il trattamento e dei rischi connessi per gli interessati.
A guisa del Garante nei casi in cui l’installazione di un sistema di videosorveglianza sia collegato ad esigenze di sicurezza e di protezione del patrimonio, un tempo congruo potrebbe essere ricompreso tra le 24 e le 72 ore. Il termine entro cui cancellare le videoriprese può tuttavia cambiare a seconda del contesto in cui vengono effettuate le riprese.
Nell’ottica del principio di accountability, riveste quindi un ruolo fondamentale l’analisi effettuata dal titolare del trattamento in relazione al legittimo interesse perseguito o e la necessità della conservazione dei dati per l’arco temporale prescelto.
Obblighi del titolare in veste di datore di lavoro
Nella FAQ numero 9 il Garante offre chiarimenti per i datori di lavoro circa le possibilità e le considerazioni da effettuare per installare un sistema di videosorveglianza nei locali aziendali. Posto infatti che l’installazione di videocamere sul luogo di lavoro non è vietata di per sé, sarà d’altro canto necessario per il datore di lavoro confrontarsi con gli obblighi e gli adempimenti previsti dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, che disciplina gli strumenti di controllo a distanza dei lavoratori.
L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, come modificato dal Jobs Act, dispone che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali possa derivare, anche potenzialmente, un controllo a distanza dei lavoratori possano essere impiegati solo ed esclusivamente per esigenze organizzative, produttive, di sicurezza e per la tutela del patrimonio aziendale.
Tali dispositivi possono essere installati negli ambienti di lavoro esclusivamente previo accordo stipulato con le rappresentanze sindacali o, laddove le rappresentanze sindacali non fossero presenti o in mancanza del raggiungimento di un accordo sindacale, previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro. Nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di diverse Direzioni territoriali del lavoro, potrà essere richiesta l’autorizzazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
In ogni caso dovrà essere fornita al lavoratore adeguata informativa sulle modalità d’uso degli strumenti e di svolgimento dei controlli.
Privacy e videosorveglianza: tutela della proprietà privata
Il privato cittadino che intenda utilizzare sistemi di videosorveglianza per monitorare la propria abitazione o altra proprietà, al fine di non incorrere nel reato di interferenze illecite della vita privata altrui (art. 615 bis c.p), dovrà installare il dispositivo di rilevazione delle immagini in modo che l’angolo visuale delle riprese non includa la registrazione di immagini relative ad aree comuni (come ad esempio cortili, pianerottoli, scale o altre parti comuni) così da evitare di riprendere il pubblico passaggio.
Nel caso in cui si voglia installare un sistema di videosorveglianza negli ambienti condominiali, è necessario che tale decisione venga presa in sede di assemblea condominiale, che l’area videosorvegliata venga segnalata con apposita segnaletica e che le immagini vengano conservate per un periodo di tempo limitato (7 giorni potrebbe considerarsi un congruo tempo di conservazione delle immagini).
Il Garante si è inoltre espresso anche in merito all’utilizzo di telecamere installate da individui all’interno della propria abitazione per finalità di controllo e di sicurezza. Nel contesto domestico vigono sicuramente maggiori libertà per i cittadini, i quali potranno installare dispositivi di sorveglianza purché ciò avvenga nel rispetto della dignità dei soggetti che potranno essere ripresi.