Il Garante Privacy ha rilevato l’illiceità del trattamento derivante dall’uso di diversi impianti di videosorveglianza di una nota catena di abbigliamento che riprendevano zone in cui sostavano i lavoratori. La sanzione è stata comminata per la violazione dei dettami del Regolamento Europeo, del Codice Privacy e dello Statuto dei Lavoratori.
L’indagine ha preso avvio dalla segnalazione da parte di un sindacato che lamentava la mancata attuazione delle garanzie previste dall’art. 4 Statuto dei Lavoratori per i sistemi di videosorveglianza che risultano installati in diversi negozi della catena di abbigliamento.
Nel corso dell’attività istruttoria è emerso che la Società è presente nel territorio nazionale con 166 negozi e 4317 dipendenti. In tutti i negozi erano presenti tre (fino ad arrivare ad un numero di 27 nei negozi di maggiori dimensioni) videocamere, nella back-area del negozio a cui avevano accesso solo i dipendenti o i fornitori autorizzati, che riprendevano: il corridoio che porta all’ufficio dell’amministrazione in cui è posta la cassaforte e l’ingresso riservato ai dipendenti. La Società aveva trasmesso una specifica informativa privacy a tutto il personale e aveva posto informative brevi, prima del raggio di azione di ciascuna telecamera. In taluni dei punti vendita, però, non erano state rispettate le prescrizioni di cui all’art. 4 St. Lav., le telecamere erano state, quindi, installate senza il preventivo accordo sindacale e autorizzazione amministrativa previste dal primo comma della norma.
Lo Statuto dei Lavoratori
L’art. 4 dello Statuto dei lavoratori al primo comma prevede che il datore di lavoro possa installare sistemi di videosorveglianza in presenza di un interesse alla tutela della sicurezza dei lavoratori, per ragioni produttive e organizzative o al fine di tutelare il patrimonio aziendale previo accordo con le rappresentanze sindacali o in assenza, con l’ispettorato territorialmente competente. Nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, come nel caso di specie, il primo articolo della norma in esame dispone che l’accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti di videosorveglianza possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Le difese della società
Nelle memorie difensive, la Società ha dichiarato di investire molte risorse nel processo di compliance aziendale e che il mancato rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 4 St. Lav., oltre ad essere limitato ad un numero minimo di lavoratori 543 dipendenti, su un totale di circa 4300, costituiva una semplice mancanza documentale per lo più dovuta al repentino sviluppo della catena di abbigliamento che non ha reso possibile un corretto monitoraggio dell’attività di compliance. Inoltre, secondo la difesa della Società, la stessa aveva fornito idonea informativa privacy. Invero, per le installazioni la Società era già stata destinataria di dieci diverse sanzioni, per diversi punti vendita, da parte degli Ispettorati del lavoro competenti. Le telecamere, inoltre, non riprendevano postazioni fisse di lavoro, ma solo zone di pertinenza in cui il lavoratore poteva essere ripreso in maniera accidentale e non in forma continuativa e fissa.
La valutazione del Garante Privacy
Valutate le difese della società e al termine dell’attività ispettiva, il Garante ha sanzionato la Società comminando una sanzione di 50 mila euro. In merito al primo punto, il Garante ha specificato che la circostanza per la quale il trattamento illegittimo fosse stato realizzato solo nei confronti di 543 lavoratori, non costituiva un’attenuante, ma al contrario la violazione riguardava un numero molto significativo di interessati. La mancata attuazione delle prescrizioni di cui all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori rappresenta una procedura di garanzia che secondo quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità è posta a tutela di interessi di carattere collettivo e superindividuale. Secondo il Garante, solo per il tramite di tale procedura può essere correttamente valutata l’idoneità a ledere la dignità dei lavoratori attraverso strumenti tecnologici dai quali possa derivare un controllo a distanza dei lavoratori e può essere verificata l’effettiva rispondenza di detti impianti alle esigenze tecnico – produttive o di sicurezza. Il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 4 St. Lav. non rappresenta una “mera mancanza documentale”, come sostenuto dalla Società, ma una grave violazione dei principi a tutela della dignità del lavoratore.
La posizione delle telecamere
In riferimento alla posizione delle telecamere, secondo la Società, installate in zone di passaggio e non in postazioni fisse di lavoro, il Garante ricorda che lo stesso ha contentamente sostenuto che anche le aree nelle quali transitano o sostano i dipendenti, qualora videosorvegliate, sono soggette alla piena applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali.
Il provvedimento del Garante richiama il collegamento tra l’art. 4 Statuto dei Lavoratori e l’intera disciplina privacy che trova, tra l’altro, un esplicito riconoscimento nell’ultimo comma della norma citata. Il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 4 St. Lav. rappresenta, pertanto, una condizione legittimante alla previa installazione delle telecamere nei luoghi di lavoro anche con riguardo alle installazioni che non intendono monitorare le postazioni fisse di lavoro. Qualora il controllo del lavoratore, sia anche meramente potenziale, si attuano le tutele previste dallo Statuto dei lavoratori che dovranno essere corroborate dalle garanzie privacy specificatamente previste per il trattamento dei dati derivanti dall’installazione dei sistemi di videosorveglianza.